Il maxi processo al clan dei Casamonica si è concluso con più di 40 condanne ed il riconoscimento, da parte dei giudici, dell’associazione mafiosa.
La sentenza
Dopo sette ore di camera di consiglio, i giudici della X sezione penale hanno deciso trent’anni di carcere per il boss Domenico Casamonica, accogliendo in pieno l’istanza della Procura, che complessivamente aveva chiesto oltre 630 anni di reclusione.
L'assenza delle vittime
È arrivata l’attesa sentenza del maxiprocesso al clan Casamonica ed il giudizio non può essere completamente positivo, come emerso dai primi commenti a caldo. Secondo il Forum delle Associazioni Antiusura, costituitasi parte civile, sono senz’altro importanti il riconoscimento dell’associazione di stampo mafioso per l’organizzazione criminale attiva nell’area est di Roma ed i 400 anni di carcere inflitti nel complesso agli imputati con l’usura tra i reati contestati, ma al tempo stesso non si può ignorare la mancata presenza in aula delle vittime.
Un segnale preoccupante
L’esito del processo Gramigna bis non può che essere accolto con favore, ma se da una parte vuol dire che l’attività repressiva ha sviluppato la capacità di resistere alle componenti criminali, dall’altro certifica il totale fallimento delle politiche preventive. Un dato su tutti: a fronte di oltre 60 capi di imputazione e oltre 40 imputati, nessuna persona offesa dai reati si è costituita parte civile. Nessuna vittima è venuta a reclamare giustizia. I processi Gramigna, Gramigna bis e Gambacurta, solo per citare quelli più importanti che si sono svolti negli ultimi 10 anni a Roma hanno visto l’assenza delle vittime, seppur una costante presenza delle associazioni antiracket e antiusura e per il contrasto alla criminalità organizzata. Le sentenze, però, mandano un grido di allarme: l’ennesimo.
L’assenza in aula delle vittime è un segnale preoccupante, che le istituzioni non possono e non devono sottovalutare.
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